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al testo di Emilia Filocamo
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La casa è mondata: chicchirichì, osanna! La novellina sguscia fresca dalla pula, più pulita, la piccina, di un budello ben sgasato. Comignolo sturato. Tutta vergine ed ignara dall'anta alla cucina: le finestre, tese, imeni, ombrelli intatti, tube - tunnel, asciutti sai ave- nodo. La porta un geco, un prepuzio: innocente, pia lumaca con la testa imbavagliata. La casa è battezzata: via il maligno! Alle tende irrorate con suffumigi, candeggi ed esorcismi, vanno appese ostie, non liquirizie. Sui comò dicono Messa, tra i divani il confessore: tutto splendido e leggiadro, pù del pranzo, della Domenica, della ciambella affumicata, Polifemo lievitato. La casa è spurgata: complimenti. Clinica dallo smalto perfettissimo, i muri in tulle, rigidi cigni, il cemento è smontato a neve. Passa ancora un turno di straccio intriso di benedizione, ha lo sguardo d'ispettore e lo scarico dell'astronave: lì vanno le stelle, nel cestello, nella trave, nella fossa, nell'armadietto. Ma sono io l'orchestrale che dirige il bianco ospizio con un mostro in fondo al secchio. |
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